Un fumetto e un documentario per ricordare le ingiustizie di Genova – da Articolo21
Un fumetto e un documentario per ricordare le ingiustizie di Genova
di Danilo De Biasio – da Articolo21.org – 19/07/2021
Fin dal titolo – “Nessun rimorso” – il volume chiarisce cosa intende comunicare con le sue 240 pagine di disegni e parole: i fatti di Genova sono un pezzo di storia che non si può archiviare come una semplice battaglia tra buoni e cattivi. E per sgombrare il campo dagli equivoci Blicero, uno degli animatori di “Supporto legale” il collettivo che ha realizzato questo libro, lo dice chiaramente: «Genova 2001 non può essere raccontata solo con il dualismo vittime/carnefici. Genova 2001 è stata molto altro, sia come contenuti che come forme del conflitto. C’erano militanti pacifici e altri che volevano solo esprimere il dissenso contro questa società ingiusta. Era una parte del movimento che non voleva riformare il neoliberismo lo voleva distruggere. È un dato storico ma si tende a nasconderlo. Per noi di “Supporto legale” è un errore: certo che la gestione del conflitto è più faticosa, rischiosa, ma non puoi rimuoverla».
Quello di Blicero – l’ho sempre chiamato così, non so neppure il suo vero nome – è un punto di vista che in questi vent’anni è stato portato avanti da “Supporto legale”, un progetto che nasce, scrivono, “per sostenere la difesa di tutti gli imputati dei processi genovesi ai manifestanti”. Perché occorre ricordare che se nessun agente o dirigente di forze di polizia, ancorché condannato, è finito in carcere per le nefandezze commesse a Genova nel 2001, ci sono 10 manifestanti che sono stati parecchi mesi in prigione – uno è ancora detenuto – in seguito a condanne dai 5 ai 14 anni. Una sproporzione palese se confrontata, ad esempio, con i dirigenti di polizia Troiani e Gava, condannati per aver falsificato le prove – le famose molotov portate alla Diaz per giustificare la mattanza – e promossi vicequestori dopo una condanna a 3 anni e 8 mesi.
Torniamo al libro “Nessun rimorso” e al ragionamento di uno dei suoi curatori, Blicero. Della sua tesi – c’è interesse a cancellare la parte più radicale delle contestazioni di Genova 2001 – m’interessa capire chi ne trarrebbe beneficio. «Chiunque in questi anni abbia cercato di capitalizzare politicamente quel movimento – risponde – chi voleva portarlo dentro un percorso istituzionale. Ma alla lunga credo che rimuovere la parte più conflittuale indebolisca tutto il fronte progressista, perché lo normalizza. E poi guardate cosa accade con le sanzioni ad personam come il DASPO o i fogli di via: colpiscono solo certe frange, precludono percorsi politici, emarginano. E questo non è certo un buon viatico per una società migliore».
Tutta questa densità di pensiero in un fumetto? Sì, anche se il libro “Nessun rimorso” alterna i disegni – tra cui quelli di Zerocalcare – a testi, come l’introduzione firmata da Erri De Luca. E poi il libro è solo un pezzo di un percorso più articolato, che prevede una monografia sulla rivista Zapruder e il documentario “In campo nemico”, che uscirà il 20 luglio. Perché “Supporto legale” non si può scollegare dall’esperienza di Indymedia, di cui Blicero era una delle colonne. «Indymedia ha rappresentato al meglio la complessità di Genova 2001. Senza Indymedia, che dava a tutti la possibilità di comunicare liberamente, avremo solo la versione mainstream. Se Genova è diventata un simbolo è anche perché tante voci diverse l’hanno potuta raccontare. Gli altri media non se lo potevano permettere, Indymedia sì». Nelle parole di Blicero c’è quasi l’amore che un genitore ha per suo figlio, ma gli ricordo che senza il passaggio delle testimonianze raccolte da Indymedia sui mezzi di comunicazione tradizionali forse quelle drammatiche denunce sarebbero rimaste in una nicchia. «In parte è così – ammette Blicero – il fatto che le immagini che ci arrivavano siano state condivise dagli altri media ha aiutato. Ma con la differenza che noi di Indymedia puntavamo sulle testimonianze dirette, alternative, molecolari, mentre i media mainstream cercavano solo la spettacolarizzazione della violenza».