Piazza Alimonda: il processo che non c’è
L’attacco dei Carabinieri al corteo delle Tute Bianche partito dallo stadio Carlini, troverà il suo tragico epilogo alle 17.30 del 20 luglio in Piazza Alimonda, con l’uccisione del giovane Carlo Giuliani ad opera del Carabiniere Ausiliario Mario Placanica.
A distanza di due decenni, siamo in grado di ricostruire con precisione i fatti di quella giornata, così come sappiamo esattamente dove andò e cosa fece Carlo nelle ore precedenti; si tratta però di una ricostruzione storica e non del frutto di un procedimento giudiziario.
Questa vicenda infatti, non è mai stata esaminata nel corso di un dibattimento penale.
Il 20 luglio
I fatti che precedettero l’uccisione di Carlo sono stati oggetto di quella parte del processo ai manifestanti nota come “fatti di via Tolemaide”. Gli esiti del dibattimento hanno indotto i giudici a considerare la resistenza dei manifestanti all’attacco dei Carabinieri come reazione ad atto arbitrario e, di conseguenza, che non costituiva reato.
I giudici hanno quindi riconosciuto il fatto che il corteo è stato attaccato in modo illegittimo e arbitrario e che la resistenza operata dai manifestanti non costituiva una condotta criminosa, bensì una reazione difensiva.
Per quanto invece riguarda i movimenti di Carlo e l’analisi delle circostanze della sua morte, essi sono stati oggetto di un meticoloso e rigoroso lavoro da parte dei familiari e dei loro legali, periti e consulenti, che per molti anni hanno chiesto ascolto alla giustizia, italiana e non solo.
Secondo la ricostruzione dei periti di parte offesa, sulla base dei video e delle testimonianze raccolte, Carlo giunge nei pressi di via Tolemaide, intorno alle 16.30, all’incirca quando il corteo è incalzato dal contingente della Polizia di Stato al comando del Vice questore Angelo Gaggiano, richiamato dalla Centrale Operativa per riprendere il controllo della situazione dopo l’intervento disastroso (e non autorizzato) dei Carabinieri del Tuscania.
Mentre gli uomini della Polizia cercano di far retrocedere il corteo in una serie di cariche e controcariche, la Centrale Operativa ordina a due contingenti attestati in corso Torino, di muoversi nelle strette vie laterali per spingere verso via Tolemaide i gruppi di manifestanti sparpagliati a seguito dei precedenti attacchi.
Un contingente di 70 Carabinieri del Battaglione Sicilia, al comando del Dirigente Lauro e del Comandante Cappello, muove da via Invrea verso P.zza Alimonda, attestandosi su via Ilice, ad un lato di via Caffa.
Terminata l’operazione, invece di allontanarsi, il contingente, seguito da due Defender e su ordine impartito via radio dalla Centrale Operativa, si dirige verso via Tolemaide, arrivando a contatto con un fianco del corteo che, in quel momento, è impegnato a resistere alle cariche frontali
I video e gli esami dibattimentali mostrano un primo momento di fronteggiamento seguito da lanci di lacrimogeni e persino di pietre da parte delle Forze dell’Ordine e dalla reazione dei manifestanti, attaccati su due lati.
Dopo un momento di evidente incertezza, il contingente arretra disordinatamente, mentre i manifestanti, liberati dal doppio fronte, si riversano nella via.
Il plotone si allontana seguito da uno dei due Defender, che fa rapidamente manovra e raggiunge il resto delle truppe attestate nel secondo tratto di via Caffa.
Il secondo mezzo si ferma invece contro un cassonetto dell’immondizia e, inspiegabilmente, si arresta.
Alla guida c’è il Carabiniere Cavataio e a bordo si trovano il Carabiniere Raffone e il Carabiniere Ausiliario Placanica che, riferiscono i suoi superiori, “non era in condizioni psicofisiche” per seguire i colleghi a piedi.
Il Defender viene raggiunto dai manifestanti.
Placanica estrae la pistola e del resto, come dimostrano le immagini delle cariche di via Tolemaide, non è la prima arma da fuoco a essere estratta dai Carabinieri in quella giornata.
Carlo si trova sul retro del Defender.
Tra lui e il mezzo c’è un altro manifestante.
Secondo i periti di parte, si trova a circa 4 metri dal Defender.
A terra c’è un estintore abbandonato.
Carlo lo raccoglie, lo solleva in direzione del mezzo.
Alle 17.27 parte il colpo che gli trapassa lo zigomo sinistro.
Carlo cade in avanti, rotola sul fianco sinistro e giace supino sull’asfalto.
Il Defender (che il conducente Cavataio sosterrà poi essere incastrato) ha in realtà già ingranato la retromarcia e infatti quando Carlo cade, secondo i periti di parte, le luci della retromarcia sono accese.
Il mezzo investe Carlo, passandogli sul bacino. Poi, tra le grida dei manifestanti, inserita la prima, gli passa sulle gambe e si allontana.
I manifestanti, tra urla di disperazione e di rabbia, accorrono e tentano di soccorrere Carlo, mentre continuano a piovere lacrimogeni.
Un minuto dopo, un altro plotone, ancora guidato dal Vice Questore Lauro, sopraggiunge e circonda il corpo.
Un ragazzo dai gradini della chiesa urla “Assassini” lo stesso Lauro, correndo verso di lui gli grida “Bastardo! Tu lo hai ucciso, bastardo! Con il tuo sasso” e mentre lui e due carabinieri cominciano a rincorrerlo, grida ancora “Pezzo di merda! Con il tuo sasso!”.
Il ragazzo (fortunatamente) fugge.
Due infermiere del GLF sopraggiungono e tentano di soccorrere Carlo.
Diranno poi che, in quel momento, il suo cuore batteva ancora.
Che aveva una ferita sulla fronte, diversa dal foro di ingresso del proiettile.
Quando arriva il medico, Carlo è morto.
Gli eventi di Piazza Alimonda porteranno i vertici delle Forze dell’Ordine ad escludere i Carabinieri dalla gestione dell’Ordine Pubblico nella giornata successiva.
Questo determinerà un afflusso di arrestati e fermati molto più rilevante del previsto presso la caserma di Bolzaneto, punto di raccolta e carcere temporaneo assegnato alla Polizia di Stato, con le conseguenze che ormai ben conosciamo.
La disastrosa gestione dell’Ordine Pubblico di quei giorni e la necessità di fornire all’ opinione pubblica internazionale un capro espiatorio esterno alle Forze dell’Ordine, porterà alla sostituzione dei vertici della catena di comando e alla sciagurata operazione della sera del 21 luglio alle scuole Pascoli e Diaz.
Il procedimento penale e la sua archiviazione
Il 20 luglio 2001 PM Silvio Franz apre le indagini. Mario Placanica e Filippo Cavataio sono indagati per omicidio volontario.
Il 27 agosto 2002 il PM Franz apre l’inchiesta per tentato omicidio a carico di 3 manifestanti presenti in piazza Alimonda.
I periti nominati dalla procura e quelli della parte offesa, procedono negli accertamenti tecnici utilizzando i video, le perizie balistiche, le risultanze dell’autopsia, sopralluoghi e simulazioni e giungendo a conclusioni decisamente divergenti rispetto agli elementi fondamentali dell’indagine (distanza di Carlo dal Defender, collisione del proiettile con un sasso o sparo diretto, dinamica della sparatoria, per citare alcuni aspetti).
Il 2 dicembre 2002 il PM Franz avanza la richiesta di archiviazione per i due carabinieri: Mario Placanica avrebbe agito per legittima difesa e le lesioni cagionate da Filippo Cavataio passando due volte con il Defender sul corpo di Carlo non sarebbero state idonee a procurare lesioni mortali.
Inoltre il PM, ignorando le tesi dei periti della famiglia Giuliani, sostiene che il proiettile (uno dei due che Placanica ha sparato in rapida successione) ha colpito il ragazzo perché è stato deviato da un calcinaccio tirato da uno dei manifestanti.
Il 5 maggio 2003 il GIP Elena Daloiso archivia il procedimento, stabilendo che Placanica ha agito per legittima difesa e si spinge ancora oltre, ricorrendo alla nozione di “uso legittimo delle armi” da parte della pubblica autorità. Viene abbracciata totalmente anche la teoria del colpo deviato dal sasso.
In una situazione di questo tipo (e soprattutto per un reato così grave) sarebbe parso logico e necessario il vaglio del dibattimento.
In fase dibattimentale, infatti, ogni elemento portato dalle parti, viene esaminato, dibattuto e approfondito di fronte a giudici i quali, dopo aver acquisito ogni elemento utile (anche ulteriore e diverso rispetto a quelli presentati dalle parti), formeranno il loro libero convincimento ed emetteranno una sentenza.
Tale sentenza potrà poi essere sottoposta a ulteriori due gradi di giudizio, sia rispetto alla corretta ricostruzione del merito, sia rispetto alla legittimità della pronuncia.
Viceversa l’archiviazione appare come una scelta, affrettata e prematura, tra le due tesi contrapposte, entrambe supportate da elementi tecnici e scientifici e tutte da verificare.
Tale scelta è stata operata, come si legge sia nella richiesta che nell’ordinanza di archiviazione, utilizzando “criteri di verosimiglianza e plausibilità“ ben lontani dal rigore della verità processuale che si forma con un procedimento dibattimentale.
Ma non è tutto.
Il procedimento viene archiviato senza alcun tipo di indagine e di perizia sul Carabiniere Placanica, che non sarà mai sentito in questo processo e che, convocato che testimone nel processo contro i manifestanti, si avvarrà della facoltà di non rispondere. Placanica che quel giorno i suoi superiori non considerarono in grado di stare in mezzo ai suoi commilitoni, ma che poté impugnare la Beretta calibro 9 parabellum di fronte alla piazza.
Placanica che sarà poi congedato definitivamente per inidoneità psicofisica pochi anni dopo.
Manca qualsiasi tipo di contestualizzazione processuale degli eventi, di ricostruzione puntuale delle circostanze e dei fatti che hanno condotto i manifestanti ed il Defender nei pochi metri quadri che furono teatro della tragedia e ai quali gli accertamenti tecnici del PM Franz rigidamente si limitano.
Non è stata ricostruita la situazione nell’area circostante e la massiccia presenza di Forze dell’Ordine.
Non sono state effettuate indagini approfondite sulle numerose incongruenze ed errori che hanno portato il Defender in mezzo a piazza Alimonda, a poche centinaia di metri dal resto del numeroso contingente attestato in via Caffa, compreso il fatto che (per ammissione dello stesso Cappello) i due mezzi non avevano ragione né motivo di seguire il plotone.
Non si è verificato cosa accadde nei minuti in cui Carlo rimase circondato dai poliziotti, se davvero fosse ancora vivo né, ancora, perché vicino a lui fosse comparso un sasso insanguinato che nelle immagini immediatamente successive lo sparo non c’era.
Testimoni dissero ai familiari che Carlo fu preso addirittura a calci: non ebbero mai occasione di essere ascoltati da un Giudice.
Gli altri procedimenti
Vista l’impossibilità di portare le proprie istanze nella loro sede legittima e naturale, ovvero il processo penale, i familiari di Carlo ricorrono al Tribunale Civile.
In data 19/10/2017 è stata pubblicata la sentenza della Corte d’Appello di Genova, che ha confermato la sentenza del 15/1/2015 del Tribunale di Genova che respingeva le richieste della famiglia Giuliani.
La causa era stata promossa nei confronti di quattro persone ritenute a diverso titolo responsabili: il Vice Questore Lauro, che aveva ordinato l’azione del contingente di carabinieri da via Caffa all’altezza verso i manifestanti bloccati in via Tolemaide; Mario Placanica per aver sparato a Carlo; il Ministero dell’Interno e il Ministero della Difesa, da cui dipendono rispettivamente Polizia e Carabinieri per l’operato di Placanica e Lauro e per la ferita inflitta con un sasso quando Carlo era a terra.
La sentenza di primo grado, rigetterà le istanze dei familiari di Carlo ricalcando le motivazioni dell’ordinanza di archiviazione.
La sentenza di appello, pur riconoscendo alcuni elementi fondamentali della vicenda e motivando in modo più preciso ed articolato rispetto al Giudice di primo grado, rigetterà le istanze per l’impossibilità di stabilire un nesso causale diretto tra i fatti che costituiscono il danno e i comportamenti dei soggetti citati.
La mancanza di una sentenza penale rende di fatto impossibile accertare la responsabilità del danno in sede civile.
La Corte Europea dei Diritti Dell’Uomo chiederà chiarimenti allo Stato Italiano istruendo un procedimento che concluderà il 25 agosto del 2009 che non vi sono state violazioni da parte dello Stato Italiano.
Anche in questo caso, risulta determinante l’assenza di una sentenza e, soprattutto, di risultanze dibattimentali cui fare riferimento come invece è avvenuto per le vicende Diaz e Bolzaneto, in relazione alle quali lo Stato ha subito severe condanne.
A distanza di due decenni, siamo amaramente consapevoli del fatto che, se anche la verità delle aule è verità processuale, diversa dalla verità storica e politica e talvolta discordante, il processo dibattimentale pubblico, costituisce un passaggio di democrazia fondamentale ed irrinunciabile.
È il momento in cui tutti gli elementi dell’indagine vengono svelati e, nel sottoporli al Giudice, resi pubblici, a disposizione non solo del Collegio, ma anche della comunità.
La scelta di negare ai fatti di Piazza Alimonda e alla morte di Carlo questo momento, non può essere valutata solo da un punto di vista meramente tecnico, specie se confrontata con il poderoso impiego di mezzi tecnici e di risorse umane utilizzati per sostenere la Procura genovese nell’intento di garantire ai manifestanti condanne assolutamente esemplari ed eccezionali.
Una scelta pesante, che lascia un segno profondo nella storia giudiziaria e politica del nostro Paese.
Sull’assassinio di Carlo Giuliani in piazza Alimonda ricordiamo che non vi è mai stato alcun processo perché il 5 maggio 2003 il GIP Elena Daloiso archivia il procedimento, stabilendo che Placanica ha agito per legittima difesa. Su quella vicenda rimane e la pagina del sito recuperato e archiviato da SupportoLegale della segreteria legale del GLF con le udienze e i ricorsi
Approfondimenti e controinchieste
Per maggiori informazioni e dettagli:
- Pagina dedicata al processo mai realizzato e al ricorso alla Corte Europea per i fatti di piazza Alimonda recuperato e archiviato da SupportoLegale
- Le pagine del vecchio sito di SupportoLegale (pre 2006) dedicate alle vicende di piazza Alimonda
- Il dossier di controinformazione pillolarossa realizzato da attivisti ed attiviste legate a Indymedia Italia (e in precedenza ospitato dal sito del Comitato Piazza Carlo Giuliani)
[ultimo aggiornamento luglio 2021]