Dichiarazione in aula di Marina Cugnaschi prima della sentenza di primo grado
A distanza di anni riproponiamo le dichiarazioni di Marina (ringraziamo questo anonimo blog che ce l’ha ricordata) perché pensiamo che in questo 20ennale del G8 di Genova aiutino a riflettere su che cosa hanno significato quei 3 giorni e tutto ciò che ne è seguito in questi 20 anni.
Dichiarazione in aula di Marina Cugnaschi prima della sentenza di primo grado
Premetto che in quanto anarchica non riconosco come mio interlocutore l’apparato giudiziario, organo dello stato la cui unica funzione consiste nell’essenziale protezione delle classi sociali privilegiate e nella difesa della proprietà privata.
Quindi, con la seguente dichiarazione, principalmente indirizzata all’esterno di questo edificio, colgo l’occasione per rivolgermi a tutti coloro che possiedono i requisiti per poter comprendere le mie parole.
Desidero rivolgermi alle classi subalterne, a coloro che subiscono la condizione alienante di sfruttati e oppressi dall’avanzato e moderno sistema capitalista, sempre più spietato ed escludente.
Premetto altresì che nulla ho da chiarire circa la mia condotta, le mie convinzioni e le mie scelte politiche, tanto meno intendo chiedere clemenza ai signori della corte.
La natura squisitamente politica di questo procedimento penale impone una netta presa di posizione, alla luce soprattutto degli innumerevoli tentativi da parte della magistratura e della stampa di screditare e spoliticizzare davanti all’opinione pubblica gli imputati di questo processo.
Soggetti che loro malgrado sono incappati negli ingranaggi della giustizia borghese e fatti figurare in certi casi come un branco di violenti teppisti, in altri come un’orda di barbari scesi nelle strade di Genova con il preciso intento di devastarla e saccheggiarla.
No signori, intanto l’accusa di devastazione e saccheggio la rinvio direttamente al mittente poiché offensiva e poiché non fa parte del mio bagaglio storico politico.
La classe sociale a cui appartengo è colma fino all’orlo di ingiustizie, soprusi e umiliazioni inflitte dai padroni.
Ed è proprio nel santuario della democratica inquisizione dove viene sistematicamente perpetuata l’ingiustizia sociale, in cui tengo a precisare e ribadire la mia ferma opposizione ad ogni forma di dominio, all’ineguaglianza sociale, allo sfruttamento.
E seppur cosciente che come nemica della vostra classe mi si infliggerà una pena severa poiché portatrice di principi malsani assolutamente in contrasto con l’ordine costituito, vi comunico che personalmente come lavoratrice salariata ho avuto modo di conoscere i veri devastatori e saccheggiatori.
Risiedono nei palazzi di lusso o del potere, sono i padroni, i capi di stato, insomma tutta la classe dirigente di questo sistema infame.
Un’esigua percentuale di individui su questa terra che in nome del profitto, del prestigio e del potere assoluto depredano e saccheggiano l’intero pianeta.
Costringono alla fame ed alla povertà milioni di persone, sia nel sud del mondo che nell’Occidente, sfruttano gli operai sul posto di lavoro fino a renderli schiavi, di conseguenza sono i diretti responsabili delle morti bianche, un vero e proprio stillicidio.
Seppelliscono nelle patrie galere tutti coloro i quali sono costretti a vivere ai margini di questa società opulenta.
Combattono guerre siano esse umanitarie o di conquista poco importa, sterminando intere popolazioni, devastando interi paesi e saccheggiando le loro risorse. E l’elenco potrebbe continuare all’infinito.
Contro tutto ciò è necessario lottare, è necessario porre una strenua opposizione alla dittatura capitalista.
Per quanto mi riguarda è stato questo il senso delle mobilitazioni di lotta antimperialista e anticapitalista a Genova nel 2001, non tanto perché lo ritenei un evento politico unico nella vita degli sfruttati determinato dalla presenza dei padroni della terra, dai quali elemosinare qualche briciola caduta dai loro sontuosi banchetti; lo feci in continuità con un percorso politico già intrapreso, animato dalla forte esigenza di trasformare radicalmente un modello sociale fondato sulla sopraffazione. Lo stesso motivo che mi spinge tuttora a partecipare a momenti di lotta costruiti dal basso, situazioni meno spettacolari e che meno interessano alle telecamere del potere mediatico, ma sicuramente autentici.
A Genova nel 2001 con molta determinazione è stato riaffermato un principio fondamentale, attraverso la riappropriazione di uno spazio urbano negato e reso inaccessibile dall’imponente presenza militare per impedire ogni forma di disapprovazione ai rappresentanti del dominio.
Nessuna sentenza potra’ riscrivere la storia di quei giorni. carlo continuera’ a vivere tutti i giorni nelle nostre lotte.